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Ciro Antonio Sparano

Caiazzo e la sua gente

1976

 

 

 

…(pp.70-74)…

 

Cap. XVII

 

Il vecchio Sacerdote R. M., deceduto oltre 10 anni fa, raccontava che, verso la fine del 1800 morì un Sacerdote caratino, lasciando in eredità la propria casa ad alcuni suoi nipoti, con l’obbligo di far celebrare in suo suffragio un certo numero di Messe, annualmente.

I predetti, per i primi anni, tennero fede alle disposizioni dello zio, ma col passare del tempo, dimenticarono tutto.

Un bel giorno cominciò ad apparire in casa loro, un’ombra raffigurante un prete.

Poiché le apparizioni si susseguivano con insistente frequenza di giorno e di notte, si rivolsero al Vescovo, che dispose un’inchiesta.

Dalle indagini esperite del novello Sacerdote P. M., risultò che i legatari non ottemperavano più a quanto predisposto dallo zio Prete e che realmente la predetta «ombra» compariva a tutti i membri della famiglia.

Il Vescovo riportò tutto alla normalità, facendo celebrare delle Messe per il defunto Sacerdote e benedire la casa in questione.

 

Qualche vecchio contadino racconta che, un certo «Lione», sagrestano della chiesetta di campagna della frazione di Cesarano, vissuto verso la fine del 1800, in una notte d’estate, dovendo andare a lavorare in campagna, sbagliò l’orario della sveglia e si alzò verso la mezzanotte.

Nel passare davanti alla chiesetta, vide la porta aperta, le candele accese ed il Sacerdote che officiava la Messa. Credendo che il Parroco avesse anticipato l’orario della celebrazione quotidiana della Messa, decise di entrare per assisterlo, ma, mentre stava per accostarsi all’altare, si accorse che il celebrante non aveva volto.

Resosi conto di quanto gli stava accadendo, si allontanò di corsa.

In quei tempi era credenza popolana che ogni sacerdote, da morto, dovesse celebrare tutte quelle Messe, che non aveva celebrato mentr’era in vita e per le quali aveva accettato l’obolo.

 

Il 65enne R. P. afferma che circa 30 anni fa, sulla strada nazionale, zona di Cameralunga, gli accadde quanto segue: erano le ore 24 circa di una notte di  maggio, quando, con un carro carico di fieno faceva ritorno a Caiazzo, le mucche che trainavano il carro si fermarono improvvisamente.

Il P. un po’ seccato, incitò con la frusta le mucche a proseguire, ma senza risultato.

Impazientito, dall’alto del carro colpì con veemenza le bestie, ma le stesse come se si fossero trovate davanti ad un muro, non si mossero. Essendo un tipo facile alle imprecazioni, mentre con rabbia ripercuoteva le mucche, quasi bestemmiando, pronunziò il nome di alcuni Santi. All’improvviso la strada fu attraversata da una lingua di fuoco e subito dopo le bestie si mossero speditamente.

 

La Signora M. S. di anni 78, raccontava che il nonno paterno, aveva 40 anni, quando gli accadde: era d’estate, ore 12, con la propria cavalla attraversava il bosco di Monte Alifano, costeggiando il ciglio di un burrone, improvvisamente la cavalla si fermò e nonostante gli incitamenti, con la voce e con colpi di piedi nei fianchi, non si mosse, anzi scuotendo la testa, tentava di indietreggiare e sbuffava gonfiando le froge.

Il brav’uomo, ricordandosi che in quel burrone, alcuni anni prima, era stato rinvenuto il cadavere di un contadino della zona, gridò: «Nel nome di Dio statte da rasse e nun t’accostà vicino e dimmi chi si’».

Una voce gli rispose di essere il contadino che era stato ucciso sul posto, con un sasso, da un amico e per futili motivi.

 

L’ottantaduenne Stefano A., racconta che, nel 1935, era colono della Signora P., zona delle Guadanelle, e dovendo in primavera bruciare alcune siepi di spine per preparare il terreno alla semina del granone, si fece aiutare nei lavori da F. O., suo vicino di terreno, che aveva nomea di possedere poteri diabolici.

Nel giorno stabilito F. O. recatosi sul posto di lavoro, pregò Stefano di accendere con un po’ di paglia la siepe. Ciò che fece. Il fuocherello improvvisamente prese vaste proporzioni da far preoccupare Stefano, il quale fece presente all’amico di tenersi pronti con le «scope» fatte con frondosi ramoscelli d’albero, per spegnere il fuoco ed evitare che si attaccasse ad un boschetto limitrofo. Ma F. O. rispose di non muoversi, perché l’avrebbe spento a suo piacimento e da lontano. Infatti, quando le fiamme sembravano di dover bruciare tutta la campagna circostante, si pose ritto in direzione del fuoco, borbottò alcune incomprensibili parole ed il minaccioso fuoco si spense come d’incanto.

Poiché S. A. aveva messo sempre in dubbio i poteri straordinari del vicino, questi fece riappiccare il fuoco alla siepe e subito, a suo piacimento, lo spense. Ma Stefano, ancora una volta, gli disse che gli avrebbe creduto, se gli avesse fatto vedere il diavolo.

La proposta fu accettata, c’era da stabilire soltanto il giorno dell’evento.

Una domenica del mese di maggio 1935, S. A., curioso di constatare la veridicità dell’invito, pensò che fosse giunto il  momento di mettere alla prova il suo confinante.

Portatosi presso il pagliaio in cui era solito dimorare F. O., gli disse che era disposto a vedere il diavolo.

F. O. tirò fuori da una borsa di stoffa un vecchio e gualcito libro, e dopo di avergli domandato sotto quale forma desiderasse vedere il diavolo, si mise a leggere. Dopo un po’ lo esortò a prepararsi, perché il diavolo era in arrivo e che doveva salutarlo porgendogli la mano sinistra. Infatti, all’improvviso, comparve un signore elegantemente vestito, così come aveva chiesto A. S. (Stefano ha fatto presente, che una eleganza del genere, in quei tempi, poteva permettersela soltanto chi era facoltoso).

Il diavolo rivolto a F. O., disse di tenersi pronto, poiché fra non molto tempo sarebbe dovuto andare con lui. Detto ciò scomparve.

Dopo qualche anno F. O. fu trovato ucciso lungo la riva del Volturno, ma gli autori di tale delitto rimasero sconosciuti.

 

                                                                                                              

Cap. XVIII

 

Riguardo alle streghe «janare», gli scongiuri sono molteplici: portare una medaglia raffigurante la testa di Sant’Anastasio; fare dei segni di croce sugli indumenti dei bambini, pronunciando il nome di Sant’Anastasio; porre, la sera, la scopa dietro la porta con la saggina rivolta in alto; pestare l’aglio e porlo sul davanzale della finestra, oppure, porsi al collo uno «abbatino» di stoffa contenente un foglietto, scritto con strane ed incomprensibili parole; lasciare di notte, la luce accesa.

E’ destinata a diventare «janara» la donna che è nata nella notte di Natale.

La «janara», verso le ore 24 del venerdì e del martedì, dopo di essersi cosparsa il corpo con unguento magico, che la rende invisibile, si lancia dalla finestra ripetendo: «Sott’acqua, sott’ ‘u viente, sott’ ‘a noce ‘e Bbeneviente».

La credenza popolana vuole che a Benevento si riuniscano tutte le streghe, sotto un gran noce, da dove ripartono, dopo di aver ricevuto ordini dal loro capo: «’U Spirete maligne».

La ottantaduenne A. B., afferma che il suo unico figlio maschio, morto in giovane età a seguito di un attacco di epilessia, allorquando era ancora in fasce, sarebbe stato «rovinato» dalle «janare».

Le streghe prenderebbero di mira i pargoletti, portandoli sui tetti e passandoseli di mano in mano, come una palla, li riducono a deperimento organico, tale, che può causare anche la morte di qualche bambino.

Fino ad alcuni anni fa, dei contadini asserivano che chi avesse voluto vedere una donna «janara», avrebbe dovuto procedere nel modo seguente: nella notte di Natale, vestito da mietitore portando una falce ed un nerbo di bue, ricoperto col mantello a ruota, si sarebbe dovuto porre all’ingresso di una chiesa, durante la Messa di mezzanotte.

A tale magia la «janara», non riusciva ad entrare in chiesa, per cui veniva scoperta e riconosciuta.

L’ultima volta che è stato messo in pratica quanto precede, avvenne verso la fine del secolo scorso, nella chiesetta di Cesarano.

Però, occorre precisare che i contadini si astenevano dal praticare tale magia, poiché ritenevano che ciò facesse perdere ogni valore liturgico al sacro rito.

Gli echi della licantropia sono giunti fino a noi. Infatti, qualche vecchio contadino rievoca ancora le disavventure capitate nel Caratino ad alcuni suoi parenti od amici, che furono nel passato aggrediti dal «lupo mannaro».

E’ destinato a diventare «lupo mannaro» colui il quale è nato nella notte di Natale e tali segni si manifestano nell’età adulta, ripetendosi ogni anno al plenilunio del mese di dicembre.

 

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